Ci sono cascato di nuovo...oggi martedì 8|12, mi sembra domenica. Io detesto questa sensazione anche quando è domenica, figuriamoci di martedì.
So che non sono il solo a soffrire la sindrome da jet leg domenicale, però è anche vero, che ritengo di essere un esemplare abbastanza atipico. Non una persona "contro" a tutti i costi, ma una che cerca una propria opinione, senza necessariamente abbracciare le teorie antagoniste...amo mettere in discussione tutto e soprattutto me stesso (qualche volta anche troppo, anche se alla fine non faccio così schifo!).
Coerentemente amo far festa mentre tutti lavorano, che sennò che gusto c'è ad uscire ed è tutto spento, ma amo "lavorare" quando gli altri fanno festa.
Forse "lavorare" non è la parola giusta, perchè ho ben chiara la differenza tra un'occupazione (che per altro momentaneamente ho) e la mia più che decennale esperienza come dj, ma sta di fatto che certe volte preferisco essere "impegnato" nei giorni festa.
Dopo serate come quella di ieri, smetto di chiedermi il perchè di certe cose.
Al Living Room ieri sera mi è capitato di provare una sensazione inaspettata.
Confesso che dopo le ultime esperienze fatte con il nome Patchuko al Mep, lo scorso inverno, dove la pulsazione della pista e l'intesa tra dj e dance floor non sembrava essere più la stessa, mi sono soffermato ancora una volta davanti ad un tema che più ha fatto viaggiare il mio gulliver in questo periodo, ossia quanto un sentimento sia destinato a durare.
Bisogna forse semplicemente scendere quando si è attraccati? E' meglio salire in cabina dal capitano e convincerlo a rendere più confortevole la navigazione? O magari è meglio montare delle vele per continuare a navigare (o nel peggiore dei casi, galleggiare) e non tornare a terra, anche se il carburtante finisce?
Non conosco la risposta giusta, anche perchè ognuno ha la sua.
Non so neanche quale sia il mio caso, ma è stato bellissimo tornare a provare quel sentimento che è unico in una serata "Patchuko" ! Certo, manacava qualcuno, e si sarebbe creata un'onda d'utro più volumionosa se avessimo incrociato ancora più raggi laser, (hai presente ghostbuster?), ma quello che ho sentito alla bocca dello stomaco, è stato un qualcosa di più che bello.
Sentire le proprie ossa avvolte dalla intensa energia che mi veniva vaporizzata addosso dalla pista e mi grondava dentro come condensa è stato rassicurante.
Forse servono tutte e tre glielementi che ho citato prima. Lasciare che le cose succedano....ma anche correggere un po' la rotta, senza preoccuparsi della mancanza di carburante perchè intanto ci sono le vele...si però poi bisogna sfruttare il vento per raggiungere un posto dove poter far rifornimento...beh con il patchuko, sento di aver rifatto il pieno!!
Grazie a tutti!
So che non sono il solo a soffrire la sindrome da jet leg domenicale, però è anche vero, che ritengo di essere un esemplare abbastanza atipico. Non una persona "contro" a tutti i costi, ma una che cerca una propria opinione, senza necessariamente abbracciare le teorie antagoniste...amo mettere in discussione tutto e soprattutto me stesso (qualche volta anche troppo, anche se alla fine non faccio così schifo!).
Coerentemente amo far festa mentre tutti lavorano, che sennò che gusto c'è ad uscire ed è tutto spento, ma amo "lavorare" quando gli altri fanno festa.
Forse "lavorare" non è la parola giusta, perchè ho ben chiara la differenza tra un'occupazione (che per altro momentaneamente ho) e la mia più che decennale esperienza come dj, ma sta di fatto che certe volte preferisco essere "impegnato" nei giorni festa.
Dopo serate come quella di ieri, smetto di chiedermi il perchè di certe cose.
Al Living Room ieri sera mi è capitato di provare una sensazione inaspettata.
Confesso che dopo le ultime esperienze fatte con il nome Patchuko al Mep, lo scorso inverno, dove la pulsazione della pista e l'intesa tra dj e dance floor non sembrava essere più la stessa, mi sono soffermato ancora una volta davanti ad un tema che più ha fatto viaggiare il mio gulliver in questo periodo, ossia quanto un sentimento sia destinato a durare.
Bisogna forse semplicemente scendere quando si è attraccati? E' meglio salire in cabina dal capitano e convincerlo a rendere più confortevole la navigazione? O magari è meglio montare delle vele per continuare a navigare (o nel peggiore dei casi, galleggiare) e non tornare a terra, anche se il carburtante finisce?
Non conosco la risposta giusta, anche perchè ognuno ha la sua.
Non so neanche quale sia il mio caso, ma è stato bellissimo tornare a provare quel sentimento che è unico in una serata "Patchuko" ! Certo, manacava qualcuno, e si sarebbe creata un'onda d'utro più volumionosa se avessimo incrociato ancora più raggi laser, (hai presente ghostbuster?), ma quello che ho sentito alla bocca dello stomaco, è stato un qualcosa di più che bello.
Sentire le proprie ossa avvolte dalla intensa energia che mi veniva vaporizzata addosso dalla pista e mi grondava dentro come condensa è stato rassicurante.
Forse servono tutte e tre glielementi che ho citato prima. Lasciare che le cose succedano....ma anche correggere un po' la rotta, senza preoccuparsi della mancanza di carburante perchè intanto ci sono le vele...si però poi bisogna sfruttare il vento per raggiungere un posto dove poter far rifornimento...beh con il patchuko, sento di aver rifatto il pieno!!
Grazie a tutti!
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