07 febbraio 2019

Il pilota è un vero sportivo? (feat. Lorenzo Dallari)

“Fuori di testa! Per me l’assioma è pilota = fuori di testa! Tu andresti a 350 all’ora? Io no! Già sul treno ad alta velocità mi faccio il segno della croce, idem sull’aereo, figurati su una macchina!”.
Esordisce così, rispondendo alla mia domanda, il mitico giornalista Lorenzo Dallari che, da grande fan del volley quale sono, ho avuto il piacere di incontrare alla conferenza stampa del Milano Rally Show 2018.
Lorenzo ha giocato a volley in Serie A per poi passare al giornalismo, commentando le migliori gesta della Nazionale nei primi anni novanta, oltre a svariate Olimpiadi comprese quelle del 2012. Nel 2007 ha ideato per Sky Sport, dove si è occupato di Formula 1 fino al 2010, la diretta dal paddock che tutti gli appassionati di motori conoscono molto bene.

Tante volte sentiamo accusare i piloti di non essere veri sportivi perché la loro prestazione dipende dal mezzo meccanico e quindi ho voluto affrontare l’argomento con Lorenzo il quale, in quanto giocatore, giornalista, commentatore, direttore e appassionato, lo sport ce l’ha nel sangue.
Personalmente ho sempre vissuto le corse motoristiche come uno sport di squadra dove il pilota è l’equivalente di un attaccante di un team calcistico. Lo ritengo uno sportivo vero per via della preparazione atletica, mentale e strategica alla quale si sottopone per mettersi in competizione con altri.

Il pensiero di Lorenzo è invece decisamente più romantico: “Il pilota è un vecchio auriga, colui che guidava le bighe all’interno delle grandi arene, quello che nel Far West va più forte degli altri e vince la donna più bella del saloon”.
Ma la vera caratteristica per riconoscere uno sportivo vero secondo Lorenzo Dallari è una: la passione!
“La differenza tra chi fa sport perché deve e chi lo fa perché vuole è sostanziale, anche in chi lo racconta e lo vive da spettatore. Tutti i piloti che ho conosciuto sono accomunati da un amore infinito per quello che fanno, molti ci mettono del loro sborsando di tasca propria i costi per le gare e sappiamo che il motorsport non è una disciplina a buon mercato. C’è stato un momento lo scorso anno al Milano Rally Show che non dimenticherò mai e che annovero tra i grandi ricordi della mia carriera: gli occhi dei piloti al termine della manifestazione dell’anno scorso. Erano pieni di una tale gioia che era emozionante anche solo star loro vicino. Anche perché non si tratta di  quel sentimento che appaga l’ego da vincitore, ma quello di partecipante. Questo è stato bellissimo e sono sicuro che succederà anche quest’anno”.
Ok Lorenzo, ci vediamo lì.


06 marzo 2015

Rolling Stone. Il tempio del rock a Milano di Edoardo Rossi

Rolling Stone. Il tempio del rock a Milano
di Edoardo Rossi
Collana: Supermiscela
Formato: 15×21 cm, copertina in brossura
Numero pagine: 144
Inserto fotografico a colori
Prezzo: € 15,00
Codice Isbn: 9788898133147

Il libro

Il Rolling Stone, con la sua storica sede milanese in corso XXII marzo, è stato dal 1981 al 2009 un punto di riferimento imprescindibile per il rock in Italia.
Nato come risposta alla disco commerciale della “Milano da bere”, ha assunto da subito il ruolo di tempio della musica live in città.
Al Rolling Stone hanno suonato artisti affermati così come giovani emergenti; il locale ha contribuito alla consacrazione di numerosi gruppi italiani, ed è stato una tappa immancabile per blasonate band straniere.
I suoi deejay hanno infiammato il dancefloor una stagione dopo l’altra, ma il “Rolling” è stato anche uno spazio multimediale, capace di trasformarsi in studio televisivo e set cinematografico. Dal palco della sala principale Jovanotti ha fatto il suo esordio su Italia 1, e la neonata Mtv Italia ha scelto fin da subito il locale come teatro di numerose trasmissioni.
Il libro di Edoardo Rossi ripercorre e racconta la storia di questo club fondamentale per la cultura musicale del nostro Paese, attingendo alle testimonianze di prima mano di chi ha vissuto la sua epopea. Fra le pagine del volume troviamo infatti le testimonianze dello storico patron Enrico Rovelli e dei primi deejay come Linus, Albertino e Federico l’Olandese Volante; leggiamo le rievocazioni di alcuni fra i musicisti più prestigiosi che hanno calcato il suo palco, da Caparezza e Omar Pedrini a Ferdi dei Casino royale e Olly degli Shandon; ci confrontiamo con l’opinione di Alessandro Cattelan e Luca De Gennaro, veejay e stratega della televisione musicale italiana; scopriamo, infine, i retroscena delle serate meglio riuscite, narrati da quanti vi hanno lavorato come direttori artistici, tecnici specializzati e organizzatori d’eventi.
L’autore ci regala così un vivace racconto collettivo, restituendoci uno spaccato di vita notturna milanese e, al contempo, un capitolo della recente storia d’Italia che non si può leggere su nessun manuale.

L’autore

Edoardo Rossi (1975) è nato A Torino e pur essendo ligure nel sangue è dal 2000 milanese d’adozione.
Già speaker di Rock Fm, ha collaborato alla realizzazione di numerosi programmi televisivi con le più importanti emittenti, da Mediaset a Mtv.
Nel 2009 ha pubblicato Percorsi musicali indipendenti, premiato come “Miglior libro indie dell’anno” al Mei di Faenza, cui ha fatto seguito, nel 2013, il volume Rock Fm. La radio, la vita.

Nota dell’autore

Il filo dei ricordi non si interrompe qui. Non vedo l’ora di sapere che cosa è stato il Rolling Stone per tutti voi. Se vi va di condividere le vostre emozioni, inviatele via e-mail all’indirizzo rslastoriacontinua@gmail.com o postatele suwww.facebook.com/RSlastoriacontinua. Le più belle saranno pubblicate su http://rslastoriacontinua.blogspot.it, per continuare una storia che non può finire…

Keep on Rolling, babe!


18 febbraio 2015

Io sono il mio dj.

Così di sorpresa mi sono reso conto che a ottobre di quest'anno il mio dj compirà vent'anni.

Già a 12 anni, a casa, "giocavo" a fare il dj. Ad essere sincero il mio primo amore è stato la radio, l'idea di selezionare musica in un locale è venuta di conseguenza.

Nel 93 ho iniziato a Radio Eclisse come speaker e con Fabrizio Panna Panarese, mio collega nel programma filo planet rock/rock fm RADIO KAOS insieme al prossimo direttore artistico di Radio Eclisse Giuliano, abbiamo iniziato a fare dei dj set nei locali che nel giro di un paio di mesi si sono trasformati in pub, road bar, disco pub, discoteche e luoghi nei quali forse non sarei mai entrato come cliente.

Il fatto è che da subito ho capito che non avrei messo le venti canzoni dance del momento, ma che sarei stato un dj a 360 gradi perché la musica è una cosa troppo bella ed emozionante per essere limitata ad un genere.

Dalle sale liguri più cool o indie a quelle più "revival", al momento nel quale stavo per decidere che in Liguria non avrei messo più dischi ed è nato il Patchuko che mi ha regalato 12 anni di gioie immense sulle terre di casa. Dal mio trasferimento a Milano ai dj set in Toscana e nel nord Italia sotto il nome di Rock Fm alle esperienze più recenti.

Dal fatto che mi sono reso conto che la mia età avanza, ma quella di chi balla sembra di no, agli stili musicali alle correnti e a quello che si vede dalla consolle.

Avrei tantissimi aneddoti, esperienze, serate folli, fiaschi clamorosi, successi inaspettati, persone incontrate, abbracciate, lasciate, sfanculate, ritrovate tutte da raccontare...

Sarei felice un giorno di poterle raccontare tutte, sarei ancora più felice se ci fosse qualcuno interessato ad ascoltarle... o a leggerle chissà.

Intanto guardando la serenità della mia espressione in questa foto che mi ha scattato Slap nell'ultimissimo, in ordine di tempo, dj set lo scorso venerdì alla Salumeria Della Musica a Milano, mi rendo conto quanto stare dietro alla consolle sia una delle mie attività preferite.




07 aprile 2014

Esce "Rewind: le due vite di Kurt Cobain" di Vera Spadini. Un futuro scritto e sereno per il cantante dei Nirvana?

Rewind: le due vite di Kurt Cobain è il titolo del primo romanzo di Vera Spadini. Nota come inviata di Sky (Skytg24, Skysport, X Factor) Vera è una grande appassionata di musica e alla proposta di Emmeeerre Letterature ha risposto con entusiasmo: Cobain! Se Kurt non fosse morto? Come sarebbe andata? Non lo possiamo sapere ma Vera regala a piene mani ciò che Kurt non è riuscito ad ottenere in vita attraverso fama e successo: la serenità.


Questo è il link per scaricare l'e-book (1,79 euro)

Ne ho parlato con Vera nell'intervista che potete leggere qui sotto e ne ho fatto un articolo della mia rubrica Music Emoticon su Cosmopolitan

Com'è nata l'idea di scrivere un libro e perché Kurt Cobain?

A volte il destino fa sì che i sogni si realizzino attraverso le passioni. Le mie passioni sono il calcio e la musica. Parlando di musica all’interno di una trasmissione sportiva di Sky, Calciomercato, sono stata notata da Emmeeerre Letterature, che cercava un’autrice per un nuovo progetto: un romanzo ucronico dedicato a un musicista, che non è mai stato scritto (finora i romanzi ucronici hanno come protagonisti solo personaggi storici). La scelta era tra Kurt Cobain e Jimi Hendrix… Due grandissimi, ma ho vissuto in prima persona gli anni ’90, adoro i Nirvana, e quindi la scelta non è stata difficile

Qual'è la cosa che più ti colpisce della sua storia?

La sofferenza che lo ha accompagnato per tutta la vita. Dopo il divorzio dei genitori, quando aveva 9 anni, Kurt è cambiato: da ragazzino allegro e casinista è diventato chiuso e introverso, entrando in un vortice che lo ha trascinato sempre più in basso. Ha iniziato a vivere da parenti, amici, per strada, in macchina, nelle sale d’aspetto degli ospedali (lui dice anche sotto il ponte di ‘Something in the way’, ma i suoi amici non hanno confermato…). Si è buttato nella droga, sempre di più. Ha trovato la sua consolazione nella musica, il suo vero amore. La musica che lo ha salvato e condannato: ha raggiunto il successo che ha cercato con tutto sé stesso, e poi non ha retto. Un essere fragile, che non è mai stato felice. Questo mi ha colpito.

E' perché ti piacciono le storie a lieto fine che hai romanzato e reso felice la vita di Kurt?

Ho voluto regalargli un po’ della serenità che non ha mai avuto… Ma non è esattamente un lieto fine… però non lo posso svelare!

Ti è capitato di cambiare idea sul "suo conto" facendo ricerche più dettagliate sulla sua vita?

Ho scoperto che non c’era solo rabbia, ribellione, rifiuto delle ingiustizie e delle apparenze sociali in lui – cosa che emerge dai suoi testi. Leggendo bio e i suoi Diari ho scoperto anche una profonda sensibilità e dolcezza; una ricerca disperata di amore e l’incapacità di esprimerla. E poi una grande ironia e intelligenza. Nonché cultura. Sapevate che  Kurt Cobain amava Shakespeare?

Senti di avere fatto un regalo al ricordo che lui ci ha lasciato di ragazzo straziato dalla rabbia e dalla sofferenza?

Mi piacerebbe tanto…

In cosa vi assomigliate tu e lui?

L’amore per la musica. Con  una ‘piccola’ differenza: lui era un fenomeno e io no… E poi nella sensibilità, nel modo di vivere troppo intensamente ogni situazione o persona.

Qual'è la sua canzone che preferisci?

"Smell Like Teen Spirit" è un manifesto. "Something in the way" un pianto. "Pennyroyal tea" un ruggito contro. "The man who sold the world" una delle poche cover meglio riuscite dell’originale… ti dico queste 4, anche se la scelta è dura.

Ti sei mai chiesta che rapporto avreste avuto se vi foste frequentati ( intendo se lui fosse per esempio italiano e avesse frequentato il Rock n Roll di Milano), ci avresti giocato a calcetto?
Sì, diciamo calcetto… (ride, ndr ahahah) ci sarei stata io al posto di Courtney Love… dai, lasciamo sognare!

Che effetto ti ha fatto scrivere un romanzo?

E’ stata un’esperienza bellissima. Come dicevo, un sogno che si è realizzato attraverso la passione per la musica. E poi una grande sfida a livello giornalistico. Non è la stessa cosa scrivere servizi e capitoli. Ho studiato tecniche nuove. Se con buoni risultati me lo direte voi…

Hai idee per un secondo libro?

Un romanzo epistolare…

Questo e-book è già piazzato molto bene nelle classifiche di vendita. Costa 1,79. In bocca al lupo!




27 marzo 2014

Lo smartphone di Aladino? Sconnettetevi per riconnettervi.

In occasione dell' Earth Hour del prossimo 29 marzo Durex ha lanciato una campagna che condivido in pieno, pur essendo funzionale ad un'azienda per vendere i suoi prodotti.

E' scandita dall'hashtag #TurnOffToTurnOn. Il messaggio è chiaro: "sconnettetevi per riconnettervi" in pratica: "meno accessi e più amplessi.

Come non essere d'accordo?

Sono rimasto però molto colpito dal dato che l'azienda ha raccolto in una sua indagine. Come riportato dall'Huffington Post, pare che il 5 % degli interpellati controlli il proprio profilo social mentre sta facendo l'amore. Il 10% invece ha ammesso di aver scritto un sms.

L'articolo parla della tendenza che tutti abbiamo di essere multitaskin, ossia capaci di fare più cose contemporaneamente e in luoghi dove prima non era possibile.

Siamo sicuri che sia un bene? Davvero stiamo ottimizzando? Sicuri che è sempre per "lavoro"?

Cosa spinge la maggior parte di noi a consultare in modo così febbrile i nostri social? Facebook ergo sum? Pensiamo davvero che lì dentro ci sia la risposta alle nostre sofferenze, la compagnia alla nostra solitudine o il nutrimento a qualsiasi nostra fame? Lo smartphone poi sembra diventato una specie di lampada di Aladino. Avete fatto caso che per accedere ai suoi servizi si usano sempre meno tasti e sempre più "sfregamenti".

Io credo che la tecnologia risponda alle nostre esigenze. Siamo sempre più impegnati a fare più cose contemporaneamente e velocemente. Questo ci fa essere sempre occupati, attivi e ci fa sentire vivi, ma ci proietta verso un corto circuito che quasi ci auguriamo. Una volta in tilt avremo un motivo in più per passare da martiri del nuovo millennio e poter dare ancora una volta la colpa al lavoro e alla vita frenetica di questi tempi moderni che ci logora e distrugge…. odddio come faremooo????

Caaaalmaaaaa.

Un giorno una mia ex fidanzata mi definì come uno che aveva una vita veloce e la cosa quasi mi riempì di orgoglio, perché faceva molto James Dean o Guns n Roses. Poi mi resi conto che in realtà mi accorgevo di meno della metà di quello che facevo, non avevo mai idea di che cosa regalare ai miei amici, non avevo la sensibilità di provare emozioni che non fossero "forti" e mi stavo perdendo un sacco di belle cose, consumando un sacco di energia.

Rallentare è difficile, perché potrebbe costringerci a guardare dentro a quello dal quale si "scappa". Ovviamente nella maggior parte dei casi non è piacevole, ma credo aumenti la possibilità di conoscerci meglio, di provare il piacere di guardare una persona amata negli occhi, di capire, di sentire e di trovare un sacco di risposte o ottenere un sacco di suggerimenti per la nostra vita in modo sorprendente. Non è un caso che di solito si trovi qualcosa proprio mentre non lo si sta cercando assiduamente?

Meno contatti e più contatto!


26 marzo 2014

L'età del successo. Gabriele Cirulli a 19 anni crea un gioco che fa impazzire il mondo.

Gabriele Cirulli ha 19 anni ed è di Gorizia. Come riportato dal Corriere, ha inventato un puzzle game che in tre settimane è stato giocato da 3 milioni di persone in tutto il mondo e i suoi follower di twitter sono passati da 100 a 8000. Si chiama 2048.

Gabriele non sembra voler cavalcare l'onda di questi eventi e sarà poi lui a vedersela con le sue capacità e con le migliaia di offerte di lavoro che sta ricevendo da tutto il mondo per aver inventato un passatempo.

Certo che questo è un bel colpo al romanticisimo dietro al quale noi che abbiamo vissuto parte della nostra vita senza il livello tecnologico che c'è ora ci nascondiamo. Una bella scusa per celare la nostra incapacità a far fruttare bene le nuove risorse tecnologiche.

Gabriele ha programmato la sua prima pagina web che era alle elementari. Hey, sento le voci dei nati prima degli anni ottanta: UNA PAGINA WEB ALLE ELEMENTARI??? DATEGLI IL NOBEL!!!

E' abbastanza evidente che i giovani d'oggi non sono degli alieni superdotati, e che chiunque ha avuto e  ha la possibilità di inventarsi nella propria vita un successo interplanetario che renda migliore il mondo, sia interno che esterno (grazie Bill), ma il fatto che ci sia riuscito un ragazzo di diciannove anni e non uno dei super geni del momento fa come al solito fare qualche riflessione.

Dato il mio vissuto, una delle prime domande che mi faccio è: non sarà che fatichiamo ad evolvere e ad abbandonare il nostro "momento d'oro"? Domanda retorica, lo so. Esistono le possibilità per avere tantissimi "momenti d'oro" nella vita, ma di solito ci focalizziamo sempre sul cercare di riviverne uno in particolare nel nostro passato o ci impuntiamo per cercare di ottenere esattamente quel momento d'oro che nell'infanzia non siamo magari riusciti a raggiungere.

Raga così però ho l'impressione che si rischia di finire a a 45 anni con i pantaloncini corti, la palla sotto il braccio al parchetto dicendo "giochiamo a palla?"
Se c'è un modo per riuscire ad adeguarsi in modo semplice ai tempi che corrono è sganciandoci da quel passato che è "successo" secondo me. Sono convinto che porterà ad ottenere un nuovo "successo" e permetterà a ciò che nel frattempo è successo di indirizzarci verso qualcosa di realmente gratificante.

Detto questo... "bella Gabry!", in bocca al lupo, occhio a non farti fottere e continua a far lavorare liberamente il tuo cervello. Ti auguro che in futuro tu non rimanga legato al "successo" del tuo puzzle game… in tal caso anche per te varranno le mie riflessioni.

Il successo non ha età, colore, forma.
Il successo è successo.
Il successo succede.

Fonte


21 marzo 2014

Social Happiness day, un esprimento che mi piacerebbe fare.

Niente è come sembra? L' impressione è che se qualcosa deve sembrarci al giorno d' oggi, ci sembra negativa e nera. Il prof Ricolfi dice che rispetto a 30 anni fa ci sono comunque dei livelli di benessere e tutele che fanno pensare che nonostante la recessione stiamo meglio oggi, ma forse non ce ne accorgiamo?

Io credo che la verità stia nel mezzo. Non mi sento di parlare di cosa si possa fare a livello politico ed economico, ma credo che se sto "presomalismo" non proviamo a levarcelo un po' di dosso eliminiamo noi stessi, senza poter incolpare le istituzioni, la possibilità di tentare qualcosa di diverso anche se spesso sembra impossibile.

Le rivoluzioni migliori sono quelle che partono dal basso, anzi da dentro.

Già soltanto svegliarmi ogni mattina e aprire facebook e leggere un continuo susseguirsi di lamentele su lamente negli aggiornamenti di stato che non fanno altro che alimentare altre lamentele certo non mi mette lo sprint per affrontare la giornata. Ok posso anche non guardare fb alla mattina, ma il mood di chi mi circonda è comunque quello. Non vi è mai capitato di seguire un po' il mood dei precedenti aggiornamenti negativi scrivendone uno di conseguenza?

Del resto pare che siamo molto più bravi a soffrire che a ricercare la serenità o la felicità. Preferiamo essere disillusi perché tra l'altro fa pure più figo che invece farsi qualche domanda in più o magari darsi qualche risposta un po' più onesta dove ammettiamo che su certe cose potremmo anche rimetterci in discussione senza apparire degli sfigati, ma delle persone che evolvono.

E' chiaro che uno ha il diritto di potersi lamentare e ci mancherebbe, ma attenzione: un eccesso di lamentela non fa bene a noi prima di tutto perché finito lo sfogo ricominciamo da capo e partiamo con pensieri circolari che scavano dei solchi dentro di noi, ci tolgono le forze, il sonno non facendoci reagire, né agire.

Cosa succederebbe se svegliandoci un mattino leggessimo solo messaggi positivi. La nostra parte cinica  partirebbe dando dei coglioni a tutti, ma magari se fossimo tutti d'accordo a fare un piccolo sforzo magari no.

Mi rendo conto che per molti di noi abbandonare ironia, cinismo od ostentazione di benessere fittizio  sia inimmaginabile però è possibile. Basterebbe anche solo scrivere qualcosa di positivo o comunque di non negativo e perché no, magari di sincero.

So che si ha paura di sembrare dei deboli, ma mica sto parlando di scrivere il pensierino della sera dedicato a quanto vuoi bene alla mamma o a creare un social network per boy scout. Sono anche io incazzato nero per un sacco di motivi, ma proprio per questo credo sia il caso di fare qualcos'altro. Sto parlando di scrivere qualcosa di positivo che ti riguarda. Così anche solo per fare l'esercizio di trovare cose positive nella vita che abbiamo… potrebbe alleggerirci, farci magari sorridere un po' e magari stimolare la vitalità e perché no l'ingegno per fare ALTRO che è l'unica via che abbiamo per "migliorare".

Ce lo inventiamo allora un Social Happiness day?